Bianco Carrara

Cod. ghiaia 039

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Bianco Carrara marmo
marmo
Bianco Carrara ghiaia
ghiaia

Pavimentazioni disponibili
con questa ghiaia




NOME PETROGRAFICO
Metamorfica regionale e di contatto


DESCRIZIONE TECNICO – ESTETICA
Il marmo di Carrara (per i Romani marmor lunensis, “marmo di Luni”) è un tipo di marmo, è estratto dalle cave delle Alpi Apuane in territorio di Carrara, universalmente noto come uno dei marmi più pregiati.


CARATTERIZZAZIONE GEOLOGICA
All’interno delle sequenze metasedimentarie che caratterizzano l’Unità di Massa e l’”Autoctono” auct. sono presenti, a differenti livelli stratigrafici marmi, metabrecce e calcescisti dai quali viene estratta la vasta gamma di pietre ornamentali della regione apuana (Figura 5). Nell’Autoctono auct. litologie marmoree (marmi e metabrecce mono o poligeniche) caratterizzano sia formazioni triassiche (Formazione di Vinca, Brecce di Seravezza, Marmi a Megalodonti) che formazioni del Lias inferiore (Marmi Dolomitici, Marmi e Marmo Zerbino). Marmi impuri, metabrecce poligeniche e calcescisti si trovano in diverse formazioni del Dogger e del Cretaceo (Calcescisti, Formazione di Arnetola e Cipollini). Nell’Unità di Massa litologie marmoree caratterizzano invece la formazione dei Marmi a Crinoidi del Trias medio. Durante l’evoluzione tettonica delle Alpi Apunae i marmi hanno avuto un ruolo fondamentale nei processi di deformazione crostale. Le rocce carbonatiche infatti sono capaci di accomodare elevate quantità di strain e di deformarsi in modo plastico anche in condizioni di bassa temperatura. In relazione ai due principali eventi deformativi D1 e D2 i marmi apuani risultano coinvolti in complesse strutture deformative che, nei casi più semplici, determinano un raddoppio del loro originario spessore o una loro totale elisione tettonica.


DESCRIZIONE PETROGRAFICA – MINERALOGICA
Le cave sono luoghi dove da molti secoli avviene l’escavazione e la lavorazione del marmo e possono essere di due tipi: chiuse e a cielo aperto. Per il modo con il quale viene prelevato il marmo, la profondità di prospettiva delle pareti bianche, gli ampi spazi, la precisione simmetrica dei gradoni, i piani di lavorazione, sembrano gradinate di anfiteatri.
All’interno delle cavità del marmo sono frequentemente riscontrabili cristalli perfetti e limpidissimi di numerose specie mineralogiche. Nonostante la piccolezza delle cristallizzazioni questi campioni sono particolarmente richiesti dai collezionisti a causa della bellezza e della trasparenza dei cristalli e del pregevole contrasto che si ha tra i cristalli colorati e la matrice bianca.


NOTE STORICHE
Le cave di pietra delle Alpi Apuane erano probabilmente già utilizzate durante l’età del Ferro dai Liguri di Ameglia (località Cafaggio, SP). La necropoli di questo sito, a pochi chilometri a sud-ovest della colonia romana di Luna, è datata al IV secolo a. C. Il sito è caratterizzato da sepolture a incinerazione poste entro cassetta (cista) di lastre di pietra scistosa provenienti dal vicino promontorio del Corvo[1][2], ove sono pure presenti giacimenti di marmo bianco. Non a caso, la seconda fase di utilizzo del cimitero (I – II secolo d.C.), presenta cremazioni, ma pure sepolture a inumazione nella nuda terra con una rudimentale cassa di copertura composta da materiali di recupero; fra di essi, appunto, frammenti di marmo.
L’attività estrattiva vera e propria si sviluppò a partire dall’epoca romana, e conobbe il maggiore sviluppo sotto Giulio Cesare (48-44 a.C.). L’esportazione, che avveniva tramite il porto di Luni (ragion per cui il marmo delle Alpi Apuane è detto, in archeologia, marmo lunense), assunse allora un’entità tale da rifornire le maestranze preposte alla costruzione delle maggiori costruzioni pubbliche di Roma e del suo impero e di numerose dimore patrizie.
Delle cave più antiche, distribuite nei bacini di Torano, Miseglia e Colonnata, non resta molto, poiché l’attività estrattiva protrattasi nei secoli ha causato la loro progressiva distruzione. In tal modo, cave come quella di Polvaccio e Mandria (Torano) e Canalgrande (Miseglia) sono andate perdute. Sono, invece, ancora integre le cave di La Tagliata (Miseglia) e Fossacava (Colonnata).
Dal V secolo l’attività estrattiva subì un periodo di stasi a seguito delle invasioni barbariche. Più tardi, con la maggiore diffusione del cristianesimo, il marmo fu richiesto in grandi quantità per l’edificazione degli edifici religiosi e per il loro arredo interno.
La fervente attività delle cave si dovette soprattutto ai Maestri comacini, a Nicola e a Giovanni Pisano, che lo utilizzarono per le loro opere nell’Italia centrale.
Durante il Rinascimento fu il marmo utilizzato da Michelangelo, che veniva a scegliere personalmente i blocchi su cui lavorare.
Nel XX secolo si fece ampio uso del marmo di Carrara durante il fascismo: Mussolini donò perfino del marmo per una delle due moschee della Spianata del Tempio di Gerusalemme.